Terapia efficace in 8 casi su 10
A cura de Il Pensiero Scientifico Editore
Circa 350 mila persone ogni anno devono fare i conti con l’Herpes zoster, noto anche come Fuoco di Sant’Antonio. E l’incidenza è in netto aumento, fino al 65 per cento in più. La malattia colpisce prevalentemente soggetti con difese immunitarie indebolite: innanzitutto anziani, ma è molto frequente anche nei pazienti immunodepressi per infezione da Hiv o perché sottoposti a trapianto d’organo.
La malattia consiste nella comparsa di vescicole sulla pelle spesso accompagnate da fortissimo dolore: è di tipo virale, dovuta alla riattivazione del virus della varicella, rimasto silente all’interno di particolari strutture nervose dopo l’infezione primitiva risalente di solito all’infanzia. Il processo patologico interessa le terminazioni nervose sensitive e provoca un dolore di tipo trafittivo talvolta molto intenso, che può durare alcune settimane. In un certo numero di casi il dolore rimane anche dopo la fase acuta, cioè quando le vescicole scompaiono e la malattia prende il nome di nevralgia posterpetica, di durata indefinita.
Le terapie attualmente disponibili per la cura dell’Herpes sono finalizzate soprattutto all’inibizione della replicazione virale mentre trascurano quasi completamente il sintomo dolore. I più comuni farmaci analgesici (antinfiammatori non steroidei, oppiacei) sono infatti scarsamente attivi sul dolore neuropatico. Tra le poche terapie disponibili volte alla cura del dolore da Herpes zoster, il trattamento considerato ad oggi di prima scelta è l’applicazione locale di un composto contenente acido acetilsalicilico ed etere etilico. Questa combinazione terapeutica è stata ideata da un clinico italiano, Giuseppe De Benedittis, direttore del centro per la terapia del dolore dell’Università di Milano.
Già agli inizi degli anni Novanta De Benedittis intuì che l’acido acetilsalicilico, applicato sulla cute assieme all’etere etilico, poteva svolgere un’azione antidolorifica diretta sulle terminazioni nervose interessate dal processo infiammatorio provocato dalle lesioni dell’Herpes. L’etere etilico ha la funzione di ‘sgrassare’ la porzione di cute interessata, favorendo la penetrazione dell’aspirina in modo concentrato verso i nocicettori (recettori del dolore). La “terapia De Benedittis” è riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale e inclusa in diversi modelli di protocollo terapeutico accettati a livello internazionale.
“Questa tecnica di terapia locale accelera i tempi di guarigione dell’Herpes zoster e consente un rimedio antidolorifico buono o eccellente fino all’80 per cento dei casi”, illustra De Benedittis; “nella nevralgia posterpetica, cioè nella fase successiva a quella acuta, la percentuale di successo terapeutico è inferiore, ma comunque intorno al 60 per cento, valore difficilmente raggiungibile con altre terapie farmacologiche. I pazienti però vanno istruiti nella tecnica di preparazione e applicazione". La terapia locale con acido acetilsalicilico più etere etilico infatti non esiste come prodotto disponibile in commercio: il preparato deve essere quindi allestito al momento e subito applicato.
Scritto da:antonio caperna
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