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Psicolife - psicologia e psicoterapia a Firenze

Sunday, July 30, 2006

Via libera a 13 farmaci gratuiti antidolore

Tratto da:www.corriere.it

Dieci sono nuovi medicinali; 3 erano invece già in commercio, ma nella fascia "C", a carico dei malati. Tutti sono oppiacei.

MILANO - L'Agenzia Italiana del Farmaco ha deciso di inserire nella fascia A del Prontuario Farmaceutico Nazionale (quella completamente gratuita per i malati) tredici farmaci per il trattamento del dolore. Dieci sono nuovi medicinali; tre, invece, erano già in commercio, ma sono stati riclassificati dalla fascia C (a totale carico del paziente) nella fascia A. Il provvedimento era stato preannunciato alcune settimane fa dal ministro della Salute Girolamo Sirchia, e ora diventa operativo.

Fra i 13 antidolorifici, alcuni - come il Contramal, il Fortradol, il Co Efferalgan, il Tramadolo, il Tramalin, e il Prontalgin - sono indicati per il trattamento del dolore lieve e moderato, mentre altri - come il Transtec e il Ticinan - vengono utilizzati per contrastare il dolore di grado severo. Altri ancora, infine, come l'Actiq e l'Oxicontin sono indicati, rispettivamente, per il dolore acuto e per quello grave.

"La decisione dell'Agenzia Italiana del Farmaco - spiega Furio Zucco, presidente della Società Italiana di Cure Palliative - riguarda i farmaci oppiacei, sia quelli cosiddetti 'minori' (Tramadolo, Codeina), sia i 'maggiori' (morfina, Fentanyl). Questi medicinali, finora, erano stati utilizzati molto poco in Italia, a differenza di quello che avviene in altri Paesi, anche se possono alleviare in modo potente il dolore. Adesso, il passaggio nella fascia A permetterà, si spera, un uso più frequente. Ma c'è ancora molta strada da percorrere per combattere quello che noi chiamiamo il 'dolore-malattia', ossia il dolore inutile. In particolare, bisogna infrangere la barriera culturale e psicologica (oltre a quella economica), cioè la 'riluttanza', da parte di molti medici, a prescrivere gli oppiacei, perché sono sostanze con pesanti effetti collaterali. Questo è vero, ma è anche vero che, in molti casi, non esistono controindicazioni serie per la loro somministrazione ai malati colpiti da dolore severo".

Fra i farmaci che hanno ottenuto il via libera c'è anche il Fentanyl transmucoso, un vero e proprio lecca-lecca che il paziente può utilizzare da solo (senza dover ricorrere, per esempio, alle iniezioni), e che ha una notevole efficacia contro il dolore acuto.

"Ci stiamo mettendo al passo dei Paesi più avanzati nella lotta contro il dolore - conclude Zucco, - ma occorre una rete di monitoraggio del trattamento, e un potenziamento dei centri per le cure palliative, ancora insufficienti in Italia".

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Thursday, July 27, 2006

Fibromialgia e psiche

Una delle domande più frequenti sulla fibromialgia è senza dubbio: “Si tratta di una malattia di origine psichica?” La ricerca internazionale che sta studiando la sindrome se n’è occupata a fondo negli ultimi vent’anni, ed è giunta alla conclusione che non lo è. È un dato molto importante, perché quasi tutti i pazienti prima o poi si sono sentiti dire che sono troppo ansiosi, che sono nevrotici , i loro sintomi sono pura immaginazione. È un duro colpo; nella migliore delle ipotesi si sentono incompresi, nella peggiore dubitano della propria salute mentale e si colpevolizzano di essere malati. Questa affermazione è sicuramente sbagliata. Se soffrite di fibromialgia non lasciatevi convincere che dipende tutto dalla vostra psiche. La malattia è già pesante da sopportare senza che dobbiate essere caricati anche di sensi di colpa!
La fibromialgia non è una malattia psichica!

Questo non vuol dire la psiche non la influenzi affatto. È naturale che una malattia che ha un peso così grande nella vita quotidiana abbia conseguenze sullo stato psichico . Come la maggior parte delle malattie croniche, la malattia provoca anche uno stato di abbattimento, di tristezza, o di depressione. Che a loro volta influiscono negativamente sullo stato fisico del paziente.

Abbiamo a che fare, dunque, con un complesso circolo vizioso, nel quale lo stato psichico è uno dei tanti fattori, ma certo non l’origine prima della malattia. È vero, anche le depressioni - specie quelle dette “larvate” o “nascoste” – provocano sbalzi d’umore, disturbi del sonno, dolori di testa o di pancia , bocca secca, disturbi cardiaci e molti altri sintomi comuni alla fibromialgia. Ma ci sono segni evidenti che distinguono quest’ultima dalla depressione larvata: i sintomi fisici nel depresso sono il più delle volte variabili, migranti e meno definibili che non nel fibromialgico. Ma soprattutto è determinante il fatto che nel depresso non si evidenzia dolore nei famosi tender points!

I cambiamenti nello stato psichico del paziente si spiegano come una conseguenza della malattia cronica. Provare dolori forti per anni, disturbi del sonno e sentirsi incompresi sul proprio stato turberebbe chiunque. Lo stato d’animo abbattuto è più che comprensibile.
Sarebbe strano il contrario: soffrire di tutti questi disturbi e limitazioni e non lasciarsene affatto turbare! .

C’è un modo per migliorare lo stato psichico e l’umore del paziente?
Non tutti hanno bisogno dello psichiatra o dello psicoterapeuta. Ogni cambiamento sostanziale del comportamento e della vita quotidiana o un colloqui intensivo con una persona di fiducia, partner o amico, ha già valenze terapeutiche. Il vostro stato dipende anche dal modo in cui riuscite a prendervi cura di voi stessi nell’ambito della malattia.

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Monday, July 24, 2006

Ricercatori britannici: anche l'ipnosi contro il dolore

MILANO - da un articolo di:Donatella Barus

Non solo suggestione "stregonesca", ma terapia psicologica che in alcuni casi risulta efficace: l'ipnosi - secondo un gruppo di ricercatori britannici - può aiutare i malati di cancro a vivere meglio, alleviando il dolore e limitando gli effetti collaterali dei trattamenti antitumorali. L'ipnosi è un particolare stato di coscienza (o di sonno) che può essere indotto con varie tecniche (a volte anche solo con l'uso delle parole) in persone predisposte. Le tecniche ipnotiche, aggiungono gli studiosi britannici, appaiono una risorsa promettente, anche se ancora poco esplorata.

A dispetto dello scetticismo
che accompagna una pratica spesso mistificata, infatti, le applicazioni terapeutiche dell'ipnosi sono già note, per chi, ad esempio, vuole smettere di fumare, perdere peso o gestire disturbi psichici.
In occasione del recente incontro annuale della British Association for the Advancement of Science, la dottoressa Christina Liossi, psicologa dell'università del Galles, ha riferito dei risultati ottenuti contro depressione, nausea, vomito e dolore nei pazienti oncologici sottoposti ad ipnosi. "Sappiamo che l'ipnosi è in grado di agire sul sistema immunitario" - afferma la Liossi sul sito dell'American Society of Clinical Oncology, che ha anche illustrato i dati di uno studio mirato su bambini dai 6 ai 16 anni, affetti da tumore. Ai piccoli pazienti (80 in tutto) sono stati somministrati analgesici locali, e metà dei piccoli pazienti è stata inoltre sottoposta a ipnosi.

Quando è stato chiesto ai bambini di indicare l'intensità del dolore provato durante le procedure mediche, secondo una determinata scala di percezione, il gruppo che aveva sperimentato l'ipnosi ha dichiarato una sofferenza minore.

Ma anche le cosiddette tecniche di "brain imaging", o neuroimmagini, ovvero quelle che consentono di visualizzare una parte delle attività cerebrali, contribuiscono a comprendere meglio il fenomeno. E soprattutto a dimostrare che dietro gli effetti dell'ipnosi c'è ben poca magia, ma piuttosto meccanismi biologici complessi e scientificamente "misurabili".
Il professor John Gruzelier, dell'Imperial College di Londra, ha "fotografato" il cervello di persone prima e durante una seduta di ipnosi grazie alla risonanza magnetica funzionale: è emerso che sotto ipnosi, nelle persone più "sensibili", avvengono dei mutamenti significativi a livello della corteccia frontale sinistra (quell'area dell'encefalo coinvolta nei processi cognitivi più complessi e nel comportamento) e della regione chiamata "giro cingolato", connessa con la valutazione delle reazioni emotive.

Insomma, il cervello lavora in maniera differente. Ecco perché, ha spiegato Gruzelier, un soggetto ipnotizzato può compiere azioni che in stato di veglia cosciente sarebbero impensabili.

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Wednesday, July 19, 2006

Gli italiani soffrono troppo

Contro il dolore cronico vengono prescritti soprattutto farmaci antinfiammatori: solo al 9% dei malati si danno oppiodi deboli

Sono 15 milioni gli italiani che ogni giorno si trovano ad affrontare problemi di sofferenza e dolore fisico a causa di malattie, ma la terapia del dolore in Italia è ancora ai pali. Lo rivela una ricerca condotta in Europa dall’Associazione italiana per lo studio del dolore (www.aisd.it), che ha evidenziato anche le differenze di assistenza tra Paese e Paese. In Italia poco meno di un quarto della popolazione accusa sofferenza (uno su 5 è la media europea) e la metà dei malati soffre 10 anni prima di curare il dolore. «Ma la cura è spesso inadeguata — dice Giustino Varrassi dell’Aisd — e la metà dei pazienti abbandona il trattamento». Il dolore cronico nel nostro Paese è trascurato per diversi motivi, come spiega Cesare Bonezzi, responsabile del Centro di terapia del dolore della Fondazione Maugeri di Pavia: «L’utilizzo degli antidolorifici più potenti, come morfina e oppiacei, per il controllo del dolore cronico non legato alla malattia neoplastica, risente di pregiudizi e inadeguata conoscenza dell’efficacia e degli effetti collaterali di tali farmaci. A ciò si aggiunge una scarsa distribuzione sul territorio di Centri per la terapia del dolore». Precisa il dottor Furio Zucco, responsabile della terapia del dolore all’ospedale di Garbagnate (Milano): «Una intesa Stato-Regioni, nel 2001, ha varato un provvedimento sulla terapia del dolore, con l’obiettivo di creare "Comitati per l’ospedale senza dolore", senza però nè obblighi nè corrispettivo economico.

Di fatto, ogni Regione ha interpretato a modo suo l’accordo, alcune non lo hanno applicato». Ci sono, tuttavia, anche esperienze positive, come quella della Ulss 6 di Vicenza, dove Marco Visentin, direttore dell’Unità di terapia del dolore e cure palliative, ha realizzato con i medici di famiglia e gli specialisti una rete che può far fronte alla forme di dolore provocato da diverse cause: dal mal di schiena, alle neuropatie, dalle vasculopatie, alle malattie reumatiche, fino alle malattie tumorali. «Oggi il dolore — aggiunge Visentin — si può risolvere nel 90% dei casi. Per esempio, nella fase post operatoria, evitarlo significa far guarire prima e meglio». Anche il non profit si occupa del problema e per sensibilizzare l’opinione pubblica è nata la Fondazione Anna Merzagora, in memoria di una signora, morta per tumore, che soltanto nell’ultimo periodo del suo calvario ha potuto scoprire che tante sofferenze sarebbero state evitabili. «Per questo — spiega il marito, Sergio Cesa — ho voluto creare un sodalizio che promuova la conoscenza e la diffusione della terapia del dolore, realizzando anche un libretto dal titolo "Liberi dal dolore"(sul sito www.ildoloredianna.org) e avviando corsi di formazione per medici e specializzandi nel reparto di terapia del dolore della Fondazione Maugeri di Pavia».

da un articolo di: Edoardo Stucchi

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Saturday, July 15, 2006

Dolore cronico: ascoltare musica lo riduce

La musica aiuta a lenire il dolore cronico. In particolare ascoltare musica distrae il pensiero dal dolore e migliora l’umore. Lo ha dimostrato uno studio pubblicato sull’ultimo numero della rivista Journal of Advanced Nursing.

Lo studio è stato condotto da Sandra Siedlecki, della Cleveland Clinic Foundation, e dai suoi collaboratori; al trial hanno partecipato sessanta volontari di età media intorno ai 50 anni con esperienza di dolore cronico legata soprattutto a patologie quali l’osteoartrite e l’artrite reumatoide.
I volontari sono stati divisi in due gruppi uno dei quali ha ascoltato, per sei mesi, musica almeno per un’ora al giorno. Il tipo di musica è stata scelta dagli stessi pazienti a seconda dei loro gusti e la maggior parte di loro ha prediletto la musica melodica.
Secondo quanto emerso dalle interviste fatte ai volontari circa la percezione del dolore risulta che il gruppo che ha inserito la musica nella pratica quotidiana ne ha tratto beneficio in termini di percezione del dolore. Ma non solo. Secondo i ricercatori l’ascolto della musica produce piacere e forse effetti benefici sulla salute perché induce una alternanza controllata tra eccitazione e rilassamento. Un’appropriata selezione di brani musicali, composta di brani veloci e lenti intervallati da pause, potrebbe essere utilizzata come trattamento per indurre il rilassamento e avere effetti benefici nell’ambito della terapia delle patologie cardiovascolari.

“I partecipanti allo studio hanno dichiarato di aver tratto beneficio dall’ascolto della musica non solo nell’umore ma anche nella percezione del dolore. Per molti di loro essersi leggermente affrancati dal dolore cronico ha significato riprendere una vita normale che prima avevano abbandonato”, ha dichiarato la Siedlecki.
“Da anni ci occupiamo degli effetti della musicoterapia sul dolore e questo studio è per noi di forte incoraggiamento”, ha concluso la ricercatrice.

Fonte: Cleveland Clinic Foundation

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Thursday, July 13, 2006

Affrontare la perdita

CONOSCERE IL LUTTO

Quando pensiamo alla perdita di una persona che amiamo—a cui siamo legati da affetto, amore, amicizia—abbiamo inevitabilmente reazioni emotive intense. Il lutto è, infatti, una reazione normale di fronte alla consapevolezza di essere sul punto di perdere qualcuno o di fronte alla perdita già avvenuta. E’ un percorso doloroso e faticoso, necessario affinché si stabilisca un adattamento alla nuova situazione di vita. Affrontare e accettare le ripercussioni che si sono avute in seguito alla perdita, ci permette in qualche modo di superarla. Tutti incontriamo e dobbiamo affrontare, nel corso dell’esistenza, un lutto ma ciascuno di noi lo vive in tempi e modi molto personali e differenti, a seconda dell’età e del carattere, della cultura e del sistema di valori, delle esperienze passate di perdita e della possibilità di ricevere supporto. Anche i membri di una stessa famiglia possono vivere il lutto in maniera diversa, in base alle proprie personali caratteristiche e al tipo di relazione con la persona malata.
Il modo di vivere un lutto dipende:

· da come, nella nostra vita, abbiamo affrontato altri momenti di crisi;
· da cosa perderemo insieme alla vita della persona cara (anche una parte del nostro vivere);
· da quale relazione si è stabilita con questa persona e dai progetti dhe abbiamo fatto insieme a Lei;
· da quando si è verificata la sua morte: a quale punto del nostro ciclo di vita, e del ciclo di vita della persona cara;
· dalle circostanze (improvvise o graduali), in cui è avvenuta la perdita.

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Thursday, July 06, 2006

IPNOSI EFFICACE NELL'ALLEVIARE I DOLORI DA CANCRO

IPNOSI EFFICACE NELL'ALLEVIARE I DOLORI DA CANCRO

L'ipnosi può alleviare la sofferenza e migliorare la qualità della vita dei pazienti colpiti dal cancro. A sostenerlo è Christina Liossi, dell' University of Wales di Swansea, nel Galles.
L'ipnosi è stata già sperimentata per aiutare a smettere di fumare, a perdere peso e superare le fobie e, secondo alcuni studiosi il potenziale terapeutico reale di tale pratica rimane ancora non sfruttato.
Secondo la Liossi, c'è la prova medica che l'ipnosi contribuisce ad alleviare la depressione, la nausea, il vomito ed il dolore sofferti dai pazienti colpiti dal cancro.

C'è, inoltre, la possibilità che l'ipnosi possa aumentare la sopravvivenza dei pazienti colpiti, ma le prove per sostenerlo non sono ancora sufficienti.
La Liossi ricorda come sia noto che l'ipnosi può influenzare il sistema immunitario. Una novità emersa durante la conferenza annuale della British Association for for the Advancement of Science. Negli studi sui bambini che soffrono di cancro, la Liossi ha osservato che dei giovani sottoposti ad ipnosi, e ai quali sia stato somministrato un anestetico locale, percepiscono meno dolore durante l'intervento medico rispetto a coloro che non sono stati ipnotizzati.

Il professor John Gruzelier, dell'Imperial College di Londra, che ha usato la tecnica cosiddetta del “brain-imaging” per visualizzare l'attività del cervello, ritiene che i cambiamenti che interessano il cervello sotto ipnosi potrebbero contribuire a spiegare alcuni dei meccanismi secondo cui essa funziona e spiegare come mai chi è sotto all'ipnosi obbedisca a quanto chiesto. In ogni caso, pur non essendoci ancora prove definitive su come funzioni, l'ipnosi è uno strumento terapeutico magnifico.

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Monday, July 03, 2006

Danni sul cervello e sul cuore

Per la cocaina si è sempre detto: smetto quando voglio e non fa male. Niente di più illusorio, ovviamente, come hanno dimostrato i recenti casi di cronaca. Ma non solo. A parte la dipendenza psicologica, non sono forse molto noti gli effetti nefasti sulla salute. La cocaina sarebbe in grado, ad esempio, di provocare mutazioni dei nostri geni, secondo uno studio del Cnr di Pisa, e quindi possibile causa anche di tumore, sia pure a medio-lungo termine.


Ci sono però anche una serie di effetti a "medio-breve"termine. I principali quadri clinici determinati dall'uso costante di cocaina, presentati al congresso di Verona dal prof. Oliviero Bosco del centro di medicina preventiva di Verona, riguardano svariate patologie e complicanze. In cardiologia, dai dati di uno studio americano su 232 pazienti cocainomani presentatisi in pronto soccorso dal '99 al 2003, si sono riscontrate patologie che vanno dalla cardiopatia ischemica, all'infarto (le patologie piu frequenti correlate all'uso di cocaina), alla flebite e l'edema polmonare. Le convulsione sono le complicanze neurologiche più assidua osservate nel 53% dei pazienti che si presentano alle strutture di ricovero, mentre l'insorgenza di ictus è stata osservata come la complicanza piu dannosa in ambito vasco-cerebrale.

Il vasospasmo arterioso, l'attivazione dell'aggregazione piastrinica e l'induzione dei quadri vasculitici cerebrali, causati dalla cocaina nel nostro corpo, potrebbero spiegare l'insorgenza dell'ictus anche a distanza di tempo. Nel 50% dei casi analizzati, l'ictus è comunque insorto subito dopo una assunzione di overdose.

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